Luba voleva gli occhiali neri - Comune di Castel Maggiore

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Luba voleva gli occhiali neri

Gli autori Loredana Frescura e Marco Tomatis incontrano le classi delle scuole di Castel Maggiore e presentano il libro Luba voleva gli occhiali neri, Notes Edizoni

Modera l’incontro Manuela Cavicchi della biblioteca comunale di Castel Maggiore

L'evento rientra nella rassegna Verso il 25 aprile, promossa da Grazia Gotti dell'Accademia Drosselmeier. È una rassegna di presentazione di libri per ragazzi sulla Resistenza, dedicata ai comuni che il Cepell riconosce come "Città che legge".


La storia di Luba è narrata in prima persona, è lei che apre il libro con un ricordo legato al suo grande desiderio di avere un paio di occhiali da sole: un magnifico paio di occhiali da aviatore, indossati dalla bella moglie di una guida alpina, arrivata in paese per accompagnare un gruppo di turisti.

E’ il 1938 e Luba è ancora Giordana, una ragazzina di 13 anni che vive in un paesino dell’appennino Emiliano. La sua è una famiglia di contadini: madre, padre, una sorellina più piccola e una zia non sposata, un po’ bizzarra, infervorata lettrice di Vangelo, cosa che poi le renderà impossibile accettare le leggi razziali, nonostante sia iscritta al Fascio dal 1922, l’unica in famiglia. La sua è una famiglia semplice ma eticamente forte, infatti Giordana per andare a scuola indossa, come tutte, la divisa da Piccola italiana, che sua zia Lelia le porterà, ma non sarà mai contenta di farlo, perché anche a suo padre le divise e tutte quelle cose lì (adunate etc) gli sembrano una pagliacciata. Quindi fin da piccola Giordana, osserva ciò che accade con occhio distaccato, tra i suoi no c’è anche quello alle colonie estive, nonostante avesse una gran voglia di vedere il mare.

Il romanzo si snoda sulla storia di Giordana e di tutti gli italiani, che dallo scoppio della guerra in poi vedranno l’Italia precipitare in un gorgo di violenza, sopraffazione e miseria. Nel 1943, Giordana ha 18 anni e come tante altre donne, decide di entrare in clandestinità per unirsi ai partigiani, spinta dall’esperienza e dalla presa di coscienza della miseria e dello sfruttamento. Lascia una famiglia addolorata ma solidale, nel momento dell’addio il padre dice: Dovremmo essere noi vecchi a combattere questa battaglia. Quello che è successo è colpa nostra. Una benedizione per Giordana, che legittima la sua scelta.

Appena arrivata in montagna, le chiedono di non dire il suo vero nome, ma di sceglierne uno: Allora mi venne in mente il nome che avrebbe voluto darmi la zia.

“Luba mi chiamo Luba”. Luba dà prova di coraggio, determinazione e di grande umanità, per questo le vengono affidate azioni importanti. La vita partigiana è ora al centro del racconto, con le sue asperità e bellezza: fame, freddo, paura ma anche giovinezza, amicizia, amore.

Da qui un susseguirsi di personaggi ed eventi, sempre intrecciati ai fatti storici, che ci conducono con grande ritmo al 1945, alla Liberazione.

La lingua immediata ricorda quella di alcuni diari partigiani, gli autori stessi dichiarano di essersi ispirati ad Adriana Locatelli, al suo Diario di una patriota che ha offerto loro l’idea di raccontare la vita delle donne partigiane.

Una buona lettura per adolescenti, anche per quelli che non hanno mai sentito parlare di Resistenza: i fatti romanzeschi sono sempre contestualizzati storicamente e socialmente, inoltre c’è molta umanità in Luba e in tutto il romanzo senza retorica, troppo spesso presente nei libri per ragazzi.

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Benessere Sociale - Welfare, cultura, salute, casa, sport
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